I cani ci conoscono

una raccolta di Nicola Barbato
tutte le fotografie di Erica Bardi.

(1)

Le lunghe camminate sotto al sole.
Via ogni presupposto di decenza
tutto va già a fuoco in partenza
1 orizzontale: ilventicinqueluglioaversa
pare una barzelletta
sulla morte (come quando
Mattia dice che siamo drogati
ridendo fino a strapparsi le rughe
dagli occhi: «ehi amico
siamo belli come scheletri di cemento sopra
il mare») e hai gli occhi verdi da non crederci
e i piedi nel cemento fresco e rido e ridi
è surreale! è onirico, dici.
Ora sono un po’ della tua luce e il treno
fa ridere stavolta che arrivederci e brilli.

(2)

Roma è la città più fresca
d’Italia se fai vedere le cosce ai vecchi
che beati se schiattano con la tua immagine
negli occhi.

(3)

I cani ci vengono incontro. Abbaiano.
Ci sbarrano la strada. Siamo nei paesi della legna.
I cani sono amici, lo sappiamo, continuiamo
a camminare, sappiamo che dietro l’angolo
c’è quello che cerchiamo, un altro passo e ci sarà
l’acqua, qualcosa da mangiare, da vedere e
incastrarselo negli occhi mentre si fuma in più.
Convocare le stelle fa ridere, sono sopra di noi,
le indichiamo, possiamo prenderle e lanciarle
in faccia a qualcuno, lontano. Lo faccio.
Le mani di mio padre, scale di roccia, fichi d’india
pieni di spine, il mare tutto avanti, i gabbiani
che inciuciano. I cazzi da fuori, delle tette
sporche come può piacerti. Se non c’è spazio
le cose non possono uscire, respira, respira.
Ce ne sarà di tempo. Un tempo tutto azzurro
e uno scoiattolo bianco che zampetta e va di là.

(4)

Non veniamo più da nessuna parte.
Ci siamo frantumati nelle strade,
abbiamo sbagliato a parlare, i cani
hanno detto ad alta voce i nostri nomi
e una luce sulla testa ci denuncia
come la coda che ci spunta e ci sporge
al tutto che ci sfilaccia e ci rompe: abbiamo lingue
di fanghiglia, demoni sulle ciglia
e a mezzogiorno stendi i panni sporchi
puliti appena li tocchi.
Ho le mani perché hai il tuo corpo,
ho la lingua perché hai il tuo corpo:
siamo ciò che possiamo dare
fino in fondo: diamo ciò che siamo
fino in fondo: ci sparano alle gambe,
ci sparano al cuore. Fuggiamo veloce
che qua è proprietà privata amore: il mare
a settembre non appartiene più a nessuno. il mare
da settembre riposa quanto vuole.

(5)

È tardi. È così tardi che è quasi mattina.
Tu dormi come le monache perché è tardi
e pure i gatti dormono uno sopra l’altro.
Pure mamma gatta dorme, ma male
e poco. Giù si scende. Sei sicura.
Te l’hanno detto le Signore dei Portoni,
i profumi, i suoni delle strade e i colori.
Scordiamo di mangiare o comunque un pelo
scemi lo siamo, da sempre e per scelta.
La manovra, la svolta, un quartiere di Napoli
dall’alto. Un salto. Carmine esce di casa
starnutendo. A Roma fa quasi freddo.
A Salerno beviamo quanto possiamo.
Siamo stanchi e ubriachi da non esserlo più.

(6)

Tu dici che non siamo scemi.
Dici che siamo troppo intelligenti
per essere felici.
Io sono quello che lava i piatti tra gli amici,
che sono ovunque come esplosi in mille pezzi
o come le sfere del drago da bambini.

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